Sacile Partecipata e Sostenibile

A C Q U A - Comprenderne il valore può solo significare difenderla a tutti i costi. Non ci sono scuse. PDF Stampa E-mail
Mercoledì 16 Marzo 2011 23:21

img acquaLa difesa dell’acqua deve essere sentita come una questione politica di fondo, direttamente legata al tema dei beni comuni da garantire a tutti gli esseri viventi.

E’ una lotta lunghissima e a volte si ha la sensazione di essere punto e a capo, tanto forti sono le lobby. Sembra passato un secolo da notizie che avevano avuto grande risonanza e acceso grandi speranze, come quella di Amministratori coraggiosi che, riconoscendo l’errore, avevano spauto tornare sui loro passi, come era successo all’assemblea dell’ATO 2 Napoli – Volturno, dove 136 Comuni non solo avevano revocato a maggioranza la delibera con la quale la stessa assemblea aveva affidato la gestione del servizio idrico integrato ad una società mista pubblico-privato, ma addirittura avevano deliberato l’immediato annullamento della gara già in corso! (http://www.italia.attac.org/spip/)

Nessuno se ne ricorda più. Una prova di grande autorevolezza di questi amministratori – una vittoria morale e materiale su chi tenta giorno per giorno di mistificare la realtà delle privatizzazioni: In Germania, in Francia e in molti paesi europei ci si sta riappropriando di ciò che era finito in gestione privata; in Olanda nel settembre 2004 il Parlamento ha deciso di impedire ogni forma di privatizzazione dell’acqua e dei servizi idrici.  Solo al Parlamento Europeo sopravvive una forte lobby che continua ad affermare l’utilità della liberalizzazione dei servizi idrici (quindi, come al solito, l’Italia è europeista solo nel peggio).

Eppure proprio la Direttiva 2000/60CE stabilisce che “l’acqua non è un prodotto commerciale, bensì un patrimonio che va protetto, difeso e trattato come tale.” La stessa Legge Galli recita “Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che è salvaguardata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà.”

Quale solidarietà? Quella che fa consumare mediamente in una famiglia italiana 213 litri d’acqua al giorno mentre in una svizzera (che di acqua ne ha!) 159? O quella che permette in una famiglia africana fortunata di arrivare a 20 litri mentre nella stessa giornata una famiglia nordamericana ne usa 350?

Ci sono buoni ma rari amministratori – come p.es. quelli che a Lucca, nel marzo 2004, presenti alla Conferenza Provinciale su “Acqua, bene comune dell’umanità” hanno redatto un documento conclusivo che ribadisce:

a) L’acqua è un bene comune dell’umanità, appartiene a tutti gli organismi viventi;

b) L’accesso all’acqua è un diritto umano e sociale, individuale e collettivo;

c) Il finanziamento del costo necessario per garantire ad ogni essere umano l’accesso all’acqua, nella quantità e qualità sufficienti per vivere, è responsabilità dei poteri pubblici.

La Provincia di Lucca, alla fine dei lavori, ha anche aderito ufficialmente alla carta di Roma sull’acqua del 10 dicembre 2003 per dichiarare “L’acqua è un diritto umano universale”.

Per questo è assolutamente importante che gli Amministratori comunali si impegnino con atti ufficiali a difendere la gestione totalmente pubblica del BENE ACQUA.

Non si può isolare la questione della gestione locale da un ampio contesto di segnali preoccupanti in tema di acqua bene dell’umanità e quindi patrimonio indiscutibilmente pubblico.

Ecco una lista sicuramente incompleta di “preoccupazioni”:

1) Stiamo ancora aspettando il Piano Regionale di Tutela della Acque che dovevea essere approvato nel 2006.

2) Non dimentichiamo che il Parlamento aveva approvato nell’agosto 2008 (solito periodo ideale per far passare sottobanco decisioni delicate), insieme al PD (ricordate miss Lanzillotta?!), l’articolo 23bis del DL 112/08 che definisce “….. i servizi pubblici locali di rilevanza economica in materia di rifiuti, trasporti, energia elettrica e gas, nonché in materia di acqua”.

3) Preoccupa anche quanto apparso nell’articolo del 13/09/08 de La Vita Cattolica, dove si legge che Gildo Salton, presidente di AscoPiave, intende convocare in ottobre una “riunione tra colleghi presidenti delle più importanti aziende, e definiremo il percorso istitutivo della multiutility del Nordest”, Paniccia, Nonino e Tondo sono d’accordo, e l’intento è quello di suddividerla in tre grandi aree di specializzazione: l’acqua, l’ambiente (con la gestione dei rifiuti) e l’energia. Si oppone solo Enrico Gherghetta, presidente della provincia di Gorizia e presidente dell’ATO isontino, dove IRIS-Acqua appunto è società interamente pubblica. D’altra parte, in un articolo del 2006 – quindi Governo Illy – l’assessore regionale veneto alle infrastrutture, Renato Chisso, aveva pesantemente accusato il FVG di “boicottare il progetto per gestire le risorse idriche”. A dimostrazione che da tempo c’è chi spinge per un ambito interregionale (ovviamente con il Veneto nella parte del Leone!).

4) L’allora presidente del nostro ATO occidentale, Fabrizio Venier, aveva affermato nel 2009 per TelePN che ci sono già due grosse società che stanno dimostrando, anche cercando appigli legali, di mettere le mani sul SII (una è la CGA che gestisce Sacile).

5) Non dobbiamo inoltre dimenticare che nel nostro paese il controllo sull’acqua purtroppo non è sfuggito alla criminalità organizzata; che il report annuale dell’osservatorio sulla corruzione a livello mondiale è dedicato nel 2008 proprio alla gestione dell’acqua (http://www.transparency.org/); che ormai il 50% delle guerre sono per il controllo dei pozzi.

6) Per ultimo, ma non per gravità minore, si deve constatare che tra l’opinione pubblica non c’è corretta percezione dell’importanza vitale di questa questione. E’ normale sentirsi dire che “qui da noi abbiamo acqua abbastanza”. Memoria corta? Già dimenticata l’estate del 2003? E l’inverno del 2006? E la primavera del 2007? I tanti titoli dei quotidiani locali in questi ultimi anni con “Allarme siccità”?

La nostra acqua friulana NON gode di buona salute! Nel 2006 il 70% dei pozzi risultavano inquinati da fertilizzanti e prodotti fitosanitari. Stiamo ormai attingendo ben oltre la profondità delle falde considerate “di riserva”. Le precipitazioni nella nostra regione dal 1975 si sono dimezzate: ciò significa che abbiamo perso in 40 anni 3.000 milioni di metri cubi d’acqua. L’ARPA definisce la situazione della nostra acqua “allarmante”.

Per non parlare della totale mancanza di “cultura dell’acqua”: irrighiamo i campi,  laviamo le macchine e la biancheria e tiriamo lo sciacquone con acqua potabile…. Non si capisce a livello politico l’importanza di aderire a campagne come “Imbrocchiamola”, “Manifesto sull’Acqua”, “Portatori d’Acqua”, ecc.

7) Infine i costi. Noi ci troviamo in una fascia ancora media. Si va infatti da tariffe da 0,45 Euro/m3 di Milano a 1,40 Euro/ m3 di Livorno. La media del nostro ATO si attesta sui 0,77 Euro/m3 . Ma non è detto che proprio in seguito alla riorganizzazione che sta avvenendo non schizzino pesanti rincari. E con i tempi che corriamo, dove il 13% delle famiglie italiane non riesce a pagare le bollette, questo timore non è da poco (nel marzo del 2007 ad es. la GEA ha avviato a PN la riscossione coatta di 300.000 Euro di bollette dell’acqua non pagate).

In Consiglio Comunale di Sacile ha tenuto banco per lungo tempo la questione se scegliere GEA o ServiziAmbiente (per la prima il centro-sinistra, per la seconda il centro-destra, che infatti ora vi ha aderito). Per quanto concerne SPS la scelta tra GEA o Servizi Ambiente era comunque una scelta puramente formale per il “male minore” (perché in realtà siamo saldamente ancora nelle mani della Compagnia Generale delle Acque). Ricordiamo infatti che sono considerati soggetti giuridici di natura  privata anche le Spa controllate interamente dai Comuni. E che tutti i comitati per l’Acqua concordano che “una SpA non può e non deve gestire il servizio idrico”.

Con ragione, perché secondo la legge Galli, le finalità del SII sono ispirate da tre principi generali: la solidarietà, anche intergenerazionale, nell’utilizzo delle acque, il principio di un uso sostenibile ispirato al risparmio, la priorità all’uso idropotabile. Tali finalità possano essere perseguite solo da una gestione pubblica.

Alla fine in regione di realmente operativa c’è stata solo IRIS-Acqua: nata nel 2006 come costola di IRIS per gestire tutto il Servizio Idrico Integrato dell’ATO isontino. Presidente Enrico Gherghetta, pres. della provincia di GO e soprattutto convinto sostenitore dell’acqua pubblica, visto che è anche colui che aveva partecipato alla stesura della Legge reg. 13/2005, una legge che si può dire abbia fatto il massimo di quel che si poteva e, se ricordate, è stata anche bacchettata dall’Autority per l’estromissione dei meccanismi di mercato. Gherghetta aveva ribadito alla Tavola Rotonda svoltasi in ottobre 2008 a Gorizia che intendeva creare una rete regionale per l’acqua pubblica. Presidente e consiglio dell’ATO isontino non percepivano compenso.

IRIS-Acqua, dopo soli due anni dalla sua costituzione, aveva effettuato investimenti per 20 milioni di Euro e destinato un contributo pari all’1% dell’importo esposto in ciascuna bolletta a progetti di cooperazione (come previsto appunto dalla L.reg.13). Sono stati investiti ben 140.000 Euro tra Bosnia Erzegovina e Burkina Faso. Il tutto anche in sinergia educativa con le scuole! Vi par poco?!

La legge n°36/gennaio 1994, chiamata “Legge Galli”, prevedeva la costituzione di forme di cooperazione tra Enti Locali in materia di risorse idriche; attribuiva alle regioni la competenza di delimitazione degli ambiti territoriali e ai Comuni l’organizzazione e la gestione del servizio idrico. Infatti le decisioni dell’assemblea dell’ATO erano prese dai Comuni, mentre la Provincia poteva coordinare e presiedere, ma non votare. Ma di che cosa si siano occupati in questi anni gli ATO, i cittadini non ne hanno avuta gran percezione.

Fatto sta che a marzo del 2011 gli ATO cesseranno definitivamente di esistere e la nostra regione dovrebbe essere divisa in 4 ambiti, uno per provincia, che fungeranno da coordinatori e gestori. Ma ancora una volta di concreto non c’è nulla: si deve approntare di sana pianta tutta la normativa.

Insomma, la gestione dell’acqua per ora fa ancora…  acqua da tutte le parti…

Difendere la gestione al 100% pubblica dell’acqua significa anche attivare progetti di informazione e sensibilizzazione rivolti alla popolazione per superare le logiche basate sull’uso intensivo e quindi sullo spreco dell’acqua; al tempo stesso le Amministrazioni devono dare il buon esempio inserendo p.es. coraggiose e lungimiranti norme nei regolamenti edilizi, come minimo quelle sul recupero delle acque meteoriche e sulle varie tecniche atte a risparmiare acqua.

Per saperne di più e leggere il Manifesto Italiano 2005 per un governo pubblico dell’acqua:  http://www.contrattoacqua.it/public/journal/

E per capire meglio cosa significhi la tanto citata “gestione in house” : http://www.extra.anci.it/

Cittadini di tutti gli schieramenti politici hanno firmato in massa per il Referendum e non intendono farsi scippare il voto!

Ultimo aggiornamento Mercoledì 16 Marzo 2011 23:42
 
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