Che grande perdita l'esilio del patrimonio archeologico raccolto nel corso degli anni da Mons. Antonio Moret e Sergio Camol ed esposto allora nei locali attigui alla Chiesa di San Giovanni del Tempio. Dimostra di non aver capito quanto importante sia tener unito il patrimonio di alta visibilità, come un palazzo storico, con quello meno visibile ma altrettanto prezioso, come può esserlo un piccolo reperto archeologico, che testimonia con la sua presenza l'insediamento di quella comunità che in seguito ha poi eretto quel palazzo. Dimostra di non aver capito come questo patrimonio possa rappresentare il più alto servizio nei confronti del bene pubblico della propria città: e cioè l'energia e la pazienza investite a non far cadere nell'oblio un pezzetto di storia, energia spesa a titolo totalmente e profondamente gratuito, il che significa nemmeno per fama personale.
Dimostra di non aver capito che vanno ricompensati con tanto rispetto quei cittadini che hanno dimostrato alto senso civico raccogliendo e consegnando a don Antonio quelle testimonianze che casualmente emergevano dalle zolle arate. Invece di tenersele per sè, han compiuto corretto atto civile considerando quanto trovato patrimonio della comunità. Dimostra di non aver capito che l'attenzione dedicata al patrimonio culturale sta in diretta proporzione con l'attrattività turistica che dovrebbe collocare il nostro Paese al primo posto in Europa e che invece sta perdendo posti ad ogni nuova classifica.
Peccato, perchè, se i nostri amministratori non hanno colto tutto questo, i visitatori della nostra città, italiani ed esteri, lo sanno invece ben interpretare ed apprezzare esattamente in questo senso.
A parte che la nostra città ancora non possiede un luogo di mostra permanente (SPS ha fatto presente più volte la villetta ex-ENEL), ma si venga a dire che sarebbe stato impossibile adibire una sala, ad es. di Palazzo Ragazzoni, contenente una serie di bacheche fisse destinate al radici storiche del nostro territorio. Non erano locali immensi quelli in cui per anni son stati custoditi monete, reperti di manufatti di vario genere e vario materiale, una deliziosa collanina. Non è assolutamente motivabile non aver trovato modo di mantenere a Sacile la loro conservazione, la loro esposizione e la loro dovuta valorizzazione.
"Per la sua appassionata opera di ricercatore di storia e archeologia locale, la Chiesa vittoriese gli esprime viva riconoscenza" scrivevano il Vescovo Pizziolo e Mons. Magarotto nell'annunciare la scomparsa di don Antonio Moret, mancato a 95 anni dopo aver guidato per 33 anni la parrocchia di San Giovanni del Tempio.
Una perdita non solo per San Giovanni del Tempio ma per Sacile tutta.
E la Lega non si pronuncia su questa imminente perdita di testimonianza delle nostre radici???
PS.: Il giorno dopo la consigliera di FI, Susanna Toffoli, ci dice che in quanto patrimonio dello Stato la raccolta va al Museo archeologico di Torre, che un museo a Sacile non si può fare per i costi, anche di gestione, e che nemmeno la Giunta Cappuzzo aveva trovato un luogo adatto. Rispondiamo, come si suol dire, senza indugio:
Perchè, il Comune di Sacile non è forse territorio italiano e l'Amministrazione Locale non rappresenta “lo Stato”? I reperti di Aquileia sono stati forse tutti trasportati a Roma? No di certo, perchè ciò che emerge dalla terra e testimonia la storia del luogo deve restare esattamente lì per il suo legame materiale e affettivo. Che la raccolta archeologica della terra dei Templari sia a Torre o a Sacile quindi nulla cambia per la tutela di un bene dello Stato. E per quanto riguarda il luogo la previsione di uno spazio museale non dovrebbe stupire una rappresentante di una città di 20.000 abitanti. Vi sono realtà più piccole che possiedono il loro bel museo. Come ad es. quello nella Perchè, il Comune di Sacile non è forse territorio italiano e l'Amministrazione Locale non rappresenta “lo Stato”? I reperti di Aquileia sono stati forse tutti trasportati a Roma? No di certo, perchè ciò che emerge dalla terra e testimonia la storia del luogo deve restare esattamente lì per il suo legame materiale e affettivo. Che la raccolta archeologica della terra dei Templari sia a Torre o a Sacile quindi nulla cambia per la tutela di un bene dello Stato. E per quanto riguarda il luogo la previsione di uno spazio museale non dovrebbe stupire una rappresentante di una città di 20.000 abitanti. Vi sono realtà più piccole che possiedono il loro bel museo, come quello ricavato nei locali della vecchia canonica di Gemona, allestito secondo la più moderna concezione della fruizione virtuale. Certo che l'Amministrazione Cappuzzo non aveva trovato una sede (nemmeno alla Caritas ricordiamo inoltre), ma la decisione di esiliare la raccolta dal territorio sacilese è ben più definitiva rispetto alla speranza di poter un giorno riesumare gli scatoloni ed esporre il piccolo tesoro. E riguardo quest'ultimo punto è veramente ridicolo allargare le braccia con le insormontabili difficoltà elencate. Perchè dove c'è una volontà c'è sempre anche una via. Basterebbe sedersi ad un tavolo e nel giro di una sera la soluzione si troverebbe. Sarebbe sufficiente come inizio usare una sola delle ampie stanze della ex-Nievo e munirla di bacheche sia lungo tutte le pareti sia in mezzo. La saletta espositiva potrebbe essere aperta ogni qual volta un gruppo di turisti si trova in visita a Palazzo Ragazzoni o in occasione di determinati eventi, per le cui ore di apertura non sarebbe difficile trovare un volontario come testimonia la generosità dei cittadini che sempre si mettono a disposizione in occasione di varie mostre.
(Tra l'altro, ricordiamo che anche l'Università della Terza Età e degli Adulti aveva già ripetutamente proposto anche all'Amministrazione Cappuzzo, di volersi impegnare come associazione per l'allestimento di un museo. Sarebbe stata una garanzia per la nostra città, vista la quantità e qualità del lavoro dell'UTE.)
Insomma, nessuna, ma proprio nessuna scusa. |