Se anche la politica sacilese avesse saputo negli ultimi vent'anni, come è successo in Europa, tarare la crescita urbanistica non sugli interessi dei poteri forti ma su quelli dello sviluppo della qualità della vita, oggi ci troveremmo forse con meno cantieri in crisi e meno antagonismo tra due visioni ormai troppo distanti. Non è facile di fronte a questo innegabile disastro urbano che ha svuotato e degradato il centro facendo esplodere verso l'esterno la nostra città senza averla dotata di adeguati servizi sostenibile nel tempo, trovare oggi un punto di equilibrio tra esigenze finora così contrapposte, che mai avrebbero dovuto diventare tali. La riqualificazione urbana che urge per Sacile deve purtroppo essere ormai considerata un vero e proprio “restauro”. Un restauro però che non può essere considerato come una riproposizione statica bensì come un processo rigenerante che coinvolga la vita quotidiana. Un assetto urbano di valore influenza positivamente la vita cittadina sotto il profilo percettivo, naturale e culturale. Ecco che la riqualificazione energetica diventa garanzia di salubrità ambientale all'interno e al di fuori delle abitazioni, ecco che l'ampia estensione di un progetto di moderazione del traffico unitamente all'abbattimento di tutto quanto viene inteso come barriera architettonica diventa garanzia di
spostamenti non motorizzati, di abbassamento dell'inquinamento e più gente a riempire la città, ecco che coinvolgere nei progetti urbanistici tutti gli attori, in primis i cittadini, affinchè ne condividano idee e strategie, diventa garanzia di buon governo partecipato e di elevazione della qualità politico-amministrativa. Questo era il fine del “restauro” riqualificante, rigenerante e dinamico di Viale Zancanaro, come da noi proposto: 30km all'ora, nessun dislivello tra carreggiata e marciapiedi, parcheggi a spina di pesce su lati alternati per rompere la visuale dritta del senso unico, due incroci rialzati alle due intersezioni con via Carducci e con via Bellini e un generoso arredo urbano. Magari attraverso un percorso partecipato, quel che oggi si definisce Open Work Table, cioè tavoli di lavoro aperti, per dare prima tutte le informazione necessarie a tutti gli attori del processo, pervenire ad una comune valutazione del bisogno, elaborare un'analisi delle potenzialità e infine “costruire cultura” per condividere i vantaggi derivanti da un progetto improntato sulla sostenibilità, che si tratti di scelte urbanistiche, di moderazione del traffico, di interventi strutturali.
Invece no, l'Amministrazione ha rifiutato il dialogo, ha pensato di imporre la sua decisione (pressochè uguale alle intenzioni dell'Amministrazione precedente) dimostrando anch'essa di soffrire della famosa “sindrome DAD”, Decidere – Annunciare – Difendere, che inevitabilmente genera febbre altissima nel muro contro muro.
E intanto la visione che offre Viale Zancanaro è di triste abbandono. A dimostrazione che, se non si ha prima una visuale ampia di dove si vuol arrivare, ogni intervento singolo è destinato a fallire. E, al tempo stesso, a dimostrazione che a volte il blocco dell'economia è causato da amministratori incapaci di mettere in moto un cantiere che partendo dal coinvolgimento della cittadinanza arrivi all'inaugurazione di un risultato atteso e festeggiato da tutti.
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